sabato 30 marzo 2013

Senza te io non esisto - Marina Valcarenghi

Titolo: Senza te io non esisto - Dialogo sulla dipendenza amorosa
Autore: Marina Valcarenghi
Pagine: 106

Voto:  (MENO!) [Le 3,5* mi stavano strette, 4* erano troppe.. :D]

La prima parte di questo libro mi è davvero piaciuta.. Anzi, dirò di più! Mi ha stupito e coinvolto tantissimo! Quando ho deciso di leggere questo libro, non avrei mai pensato di poter apprezzare così un saggio di questo genere, mi aspettavo un po’ una specie di polpettone di frasi fatte e clichè, lo ammetto!
Nella seconda parte il libro un po’ si perde e ammetto di averlo finito più per “dovere” che per reale interesse. Non ricordo molto di questa seconda metà del libro e poco mi è rimasto, nonostante io abbia apprezzato molto alcuni esempi che l’autrice, un’analista, riportava man mano. Parlo da totale incompetente del settore, ma mi è sembrato che la seconda parte perda elasticità e “collante” e il tutto risulti un po’.. come dire, disorganizzato!
Superati i miei pregiudizi iniziali, mi aspettavo davvero di finire questo libro e dire: “WOW! 5 stelline piene!”. Non è successo, ma è comunque un’opera meritevole.
L’autrice imposta il libro (come da titolo) sotto forma di dialogo: la tesi dell’autrice è che le donne (sovente!) tendono a dipendere dal loro uomo e ad annullare sé stesse per adattarsi all’esistenza del loro compagno e ciò è frutto di secoli di segregazione della donna e del suo ruolo di sottomessa. La sua “controparte”, contraria alla tesi, porta esempi contrari e mostra la sua diffidenza e ogni volta la Valcarenghi risponde in modo puntuale e appropriato senza parlare “tanto per”. Ha delle posizioni che a prima vista potrebbero essere definite ciniche (tanto che la sua controparte spesso la definisce proprio così!), ma che tali non sono.. Io l’ho trovata una persona intelligente, realistica e senza timore di fare affermazioni “forti”! Alcune obiezioni che vengono fatte dalla sua controparte sono, ad esempio è la condivisione delle scelte: ma condividere non è adattarsi; o ancora: la rinuncia ad alcuni progetti o sogni non è una cosa così negativa, ma la fine dell’”io” e l’inizio del “noi”; ma il noi non è una fusione tra “io” e “tu”, ma un incontro. E via di questo passo, passando per “avere bisogno di una persona non è sbagliato” o la paura della solitudine.
Ho apprezzato questo libro sia per i concetti che mostra (e COME li mostra!) sia perché in un certo senso mi sono identificata in molte situazioni! E ora, Serena, rimboccati le maniche! :D

Tutti vogliono essere amati, ma desiderare una presenza o soffrire un'assenza è diverso dal non poter vivere privi dell'oggetto d'amore.

Il Noi non comincia dove finisce l'Io, ma dove avviene l'incontro fra un Io e un Tu; un incontro però non è una fusione, altrimenti il Noi da che cosa è composto?

Ci hanno insegnato a riconoscerci nell'identità del nostro uomo, fino a prenderne il nome, e adesso che potremmo occuparci della nostra e vivere l'amore per quello che siamo, molte di noi si costruiscono una specie di ideologia della dipendenza, ne dipingono un'immagine romantica e appassionata per evitarsi la fatica di vivere in prima persona e in questo modo, alla fine, oltre che dimenticarsi di sé, giustificano, che lo si voglia o no, millenni di oppressione.

Non credo quindi che la scelta sia tra la solitudine o la dipendenza; è necessario avere il coraggio di non abdicare a se stesse e sperare di essere amate per quello che si è, rischiando certo anche di rimanere sole, ma rifiutando di nascondersi dietro a una maschera accomodante, perché è la maschera allora che l'altro ama, come tante volte nel buon tempo antico.

Nella maggioranza dei casi gli uomini possano stare bene o male in un rapporto, ma non si lascino scippare l'identità? Difficilmente abdicano alla loro vita, l'amore è una parte della loro esistenza, e non crollano, non sembrano larve quando, per esempio, la relazione si sfascia.

Un conto è sentirsi responsabili, anche moralmente, di un rapporto, averne cura, impegnarsi, e un altro è non poter vivere senza 1'altro, non stare in piedi da soli e immergersi nella dedizione.

Trama Sono tante le donne di ogni età a rivolgersi al loro uomo con parole come queste, le parole della dipendenza amorosa. Perché? Perché questa martellante richiesta di conferme? Perché niente conta se lui non c’è? Perché confondere ancora la passione con l’appartenenza? Che senso ha questo attaccamento così rischioso e autodistruttivo che induce gli uomini alla fuga e impone inutili rinunce alla propria autonomia? Nel nostro tempo una donna può finalmente vivere in prima persona senza affidare la sua esistenza a qualcun altro e amare, semplicemente, rimanendo se stessa, senza ansia di controllo, né immotivate gelosie. In un dialogo immaginario con una giovane amica, Marina Valcarenghi analizza un comportamento ancora molto diffuso soprattutto nelle giovani generazioni, che riconsegna le donne al secolo scorso e le condanna alla particolare infelicità di chi non è capace di vivere nel proprio tempo. Perché l’amore oggi, come scrive l’autrice in uno dei passaggi più toccanti di questa illuminante conversazione, non può che essere un privilegio delle persone libere.

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